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A cura di Mariano Ipri, Giuseppe Ruffo e Pietro Tatafiore
Inaugurazione 30 Marzo ore 19
Dal 30. 3. 2012 al 30. 4. 2012

Indignados. Se sarà questo il modo con cui la Storia vorrà ricordare le proteste spagnole, nate la scorsa primavera sotto il nome di Movimento 15-M (15 maggio), noi non lo sappiamo. Sappiamo però che quel giorno a Madrid erano già decine di migliaia, per poi moltiplicarsi in tutte le città spagnole. Chiedevano una democrazia più partecipativa, una più netta divisione dei poteri, un argine allo strapotere della finanza, più diritti, salute, cultura.

Giustizia, in una parola. Cinque mesi dopo, il 15 ottobre, gli “indignati” di tutto il mondo marciavano assieme in più di 80 paesi, lungo le strade di quasi mille città, con le dirette televisive che li raccontavano secondo l’ordine dei fusi orari: Sydney, Tokyo, Hong Kong, Mosca, Atene, Roma, Parigi, Londra, fino a New York, come si fa a capodanno.

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Oggi, a distanza di altri cinque mesi da quel vertice di successo massmediatico, mentre il movimento degli Indignados sembra essere stato assorbito dal muro di spugna delle nostre coscienze postmoderne – facili al sopore e incapaci a restare indignate troppo a lungo (specie quando cessano di dircelo) –, dalle periferie dell’Impero si tenterà di capire, squadernare, interpretare e reinterpretare ciò che è stato, utilizzando l’unico strumento capace di far breccia nel torpore: l’Arte. Indignados è il nome della mostra collettiva che il 30 marzo prenderà vita negli spazi sotterranei di Largo Baracche, dove 11 artisti daranno forma sensibile ad un’indignazione che è ben lungi da aver visto svanire le proprie cause. Sarà così ancora dall’ex rifugio antiaereo dei quartieri Spagnoli, quartiere centrale e al contempo periferico in una Napoli che è, essa stessa, centro e periferia nel sistema-mondo, che si tenterà di esplorare eziologia e fenomenologia di una crisi che non è più, ma forse non è mai stata, meramente economica. Attraverso i corridoi e le sale della galleria – che prima del 2006, quando Giuseppe Ruffo e Pietro Tatafiore ottennero dal Comune di gestirla, serviva da deposito per motorini rubati – gli artisti “reclutati” da Largo Baracche Project, attraverso linguaggi eterogenei, comporranno un messaggio che lo spettatore, pur sentendone la disfonia di superficie, intimamente troverà coerente nel suo riflettere il globale nel locale, la recente indignazione mondiale con quella più antica e ben più radicata che, da sempre, accompagna chi vive in questi luoghi. Un messaggio che non vuole dare (né potrebbe) risposte, ma, al prezzo di un inevitabile straniamento, un aumento di coscienza.

Con Indignados, Largo Baracche inaugura il 2012 nella scia delle grandi collettive di questi anni, da The Wall, God Save The Culture, da Padania Felix a Morti bianche, ognuna rispondente alla volontà di riflettere criticamente una porzione del proprio tempo, in un incessante dialogo col territorio. Tanto che, forse, il vero capolavoro messo in mostra dai due giovani fondatori della galleria sta proprio nella sopravvivenza di un progetto tanto ambizioso, immerso in un tessuto urbano e sociale spesso degradato, quanto dimenticato da chi dovrebbe occuparsi di una riqualifica che appare remota. Ma, storicamente, quando i centri culturali propulsori della cultura riproducono solo forme stanche e distaccate dalla realtà, è dalle periferie che prende vita il nuovo, con la sua carica di rivoluzione.
Marco Lista

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