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Oggi più che mai occorre prestare particolare attenzione alla parole che scegliamo ed usiamo.

I termini “icona” e “mito” sono spesso abusati, tuttavia crediamo di poterne prendere in prestito almeno uno per descrivere in una sola parola un personaggio che nella moda ha scritto ben più di una pagina: Diana Vreeland.

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Nella cornice offerta dalla splendida città di Venezia, Palazzo Fortuny ospita una mostra ricca ed importante dedicata all’iconica e vulcanica Vreeland, la prima dopo la retrospettiva datata 1993 e dedicatale dal MET, il Metropolitan Museum di New York. Classe 1903, la Vreeland era dotata non di una classica bellezza ma di doti più importanti e durature: classe, tenacia, curiosità intellettuale. Sofisticata, carismatica, meticolosa, visionaria: questi sono solo alcuni degli aggettivi con cui la Vreeland è stata descritta.

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Si narra fu notata nel 1936, mentre danzava avvolta in uno Chanel. Diventò fashion editor per Harper’s Bazaar nel 1939 e nel 1962 si spostò a Vogue divenendo il direttore della prestigiosa edizione americana. Lì restò fino al 1971 quando il rapporto si interruppe. Ma Thomas Hoving, direttore del MET, non se la lasciò scappare, volendola come Special Consultant per la sezione Costume del Museo.

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In quel ruolo la Vreeland curò ben 12 mostre, naturalmente amate e controverse al tempo stesso. Questa fantastica donna ha lasciato non poche tracce: fu la prima ad inventare una professione, quella del fashion editor; non seguì la moda ma fece sì che la moda seguisse lei; rivoluzionò Vogue e di conseguenza le riviste di moda; impresse un nuovo stile al modo di esporre la moda. Al suo funerale, Richard Avedon disse “nessuno l’ha eguagliata”.

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Siamo stati all’inaugurazione della mostra nella quale trovano spazio molti abiti, alcuni appartenuti alla stessa Vreeland. Il modo di esporli e di ambientarli richiama esattamente le idee della grande direttrice. Il tutto è suddiviso in cabinet che formano un percorso, che parlano tra loro e che utilizzano il suo linguaggio.

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Troviamo il colore in blocchi, i manichini astratti, l’orientalismo, la passione per le uniformi e molto altro ancora.

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Oltre agli abiti, trovano spazio fotografie, documenti ed oggetti, prestati dalla famiglia Vreeland: sono particolarmente emozionanti le foto che ritraggono anche un aspetto più privato.

E poi, naturalmente, ci sono i numeri di Vogue e Harper’s Bazaar. Le doppie pagine create per Vogue sono celeberrime e risultano ipnotizzanti anche oggi: è straordinario scoprire come un numero del 1964 possa risultare straordinariamente moderno oggi, quasi 50 anni dopo.

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Essere presenti all’inaugurazione ci regala anche il privilegio di conoscere una delle persone grazie alle quali la mostra ha potuto avere luogo: Cecilia Matteucci Lavarini, stimatissima collezionista che possiede un archivio composto da migliaia di esemplari e che ha prestato, tra gli altri, un incredibile completo da sera Chanel in laminato, databile 1936-1938.

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Nomi importanti e di tutto rispetto anche per i curatori: Judith Clark, curatrice di mostre indipendenti e professore di Moda e Museologia al London College of Fashion e Maria Luisa Frisa, curatore e critico di moda indipendente, titolare di cattedra e direttore del corso di laurea in Design della Moda presso l’Università IUAV di Venezia. Anche il catalogo edito da Marsilio è curato dalle due illustre studiose. La mostra è inoltre stata realizzata in collaborazione con Mauro Grifoni, altro nome che nel campo della moda rappresenta una garanzia.

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Troviamo che anche la scelta di Palazzo Fortuny sia felice, una piccola perla un po’ nascosta, una cornice ideale. Artista a tutto tondo, Mariano Fortuny, spagnolo di nascita ma veneziano d’adozione, scelse Palazzo Pesaro Orfei come casa-laboratorio, rendendola come è oggi: i sontuosi tessuti che vestono il palazzo sono tutti opera di Fortuny e gli arredi sono gli stessi da lui scelti. Pensiamo che la Vreeland avrebbe approvato questa scelta di location!

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La mostra resterà aperta al pubblico fino al 25 giugno. Non perdete due occasioni: vedere Venezia (che non guasta mai) ed entrare nel mondo mirabolante di questa donna straordinaria.

Venezia, Palazzo Fortuny, Emanuela Pirre’

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