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Una partitura perduta, in parte ritrovata e in parte ricostruita per la gioia degli amanti della buona musica

Rossini, conclusa la sua carriera in Italia con la Semiramide alla Fenice di Venezia nel 1823, si trasferisce a Parigi, vi dirige il Théâtre Italien, dove presenta Il viaggio a Reims nel 1825. La trama prende spunto dall’incoronazione di Carlo X a seguito della morte del fratello Luigi XVIII nel settembre del 1824. Il regno di Luigi XVIII era stato “restaurato” due volte, a causa del ritorno di Napoleone per i cosiddetti “cento giorni”. Considerato dai più un monarca molto debole, la speranza dei monarchici era che con la sua morte gli succedesse un sovrano forte, che avrebbe contribuito a legittimare la Restaurazione.

Verso la fine di maggio 1825 Carlo fu incoronato re con una fastosa celebrazione nel la cattedrale di Reims, luogo preposto alle incoronazioni. Molti teatri a Parigi offrirono spettacoli per celebrare questa occasione, e il 19 giugno 1825 fu la volta del Théâtre Italien, che mise in scena la prima di questo dramma giocoso che Rossini, il più famoso compositore italiano del momento, aveva ideato in onore del nuovo re.

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Il nome del compositore, il grande Rossini, e la rarità con cui è stata rappresentata devono essere stati due grandi incentivi a scegliere quest’Opera come lavoro iniziale della Stagione2012.

Poche le repliche, fra il 18 e il 24 gennaio, e quindi non tutti coloro che volevano vederla sono stati in grado di farlo.

L’Opera è soffusa di ironia, coinvolgente per musica, colpi di scena ed inaspettato europeismo. Tuttavia aveva avuto vita brevissima, Solo quattro esecuzioni ai tempi dell’Autore. Comprensibile perché legata indissolubilmente all’occasione specifica. Ma il guaio fu che era andata perduta. C’è voluta la costanza appassionata di Philip Gossett se oggi possiamo riascoltarla.

Ed ecco la trama dell’Opera: un gruppo di amici si dà appuntamento nell’ albergo termale “Il Giglio d’oro”(un giglio d’oro era, come noto, simbolo della Monarchia francese), a Plombières, per intraprendere insieme un viaggio a Reims ed assistere alla cerimonia dell’incoronazione. Ma gli incauti non si sono premuniti di fissare in tempo i cavalli necessari al viaggio, e , quando si decidono, non li trovano più. E così ripiegano su una cena collettiva nel luogo in cui si erano incontrati. Avendo nel frattempo saputo che potranno comunque festeggiare il sovrano a Parigi succesivamente.

Una trama così semplice è però popolata di personaggi provenienti da tutta Europa: un bell’ufficiale francese, una contessa francese fanatica di moda, un erudito antiquario italiano, un barone tedesco che adora la musica, una nobildonna polacca, un soldato spagnolo perdutamente innamorato di lei, così come un generale russo e l’inglese Lord Sydney, innamorato di una donna italiana, Corinna, che improvvisa versi e musica accompagnandosi all’arpa E questo dà adito a metafore sui rapporti -tesi- fra gli Stati europei (anche allora!)

Perché è un’opera così importante? Innanzitutto Il viaggio a Reims è l’ultima opera italiana di Rossini, l’anello di congiunzione fra Semiramide e i palcoscenici francesi. Secondo,contiene musica di grande valore che Rossini non riutilizzò mai: un grandioso sestetto, un superbo duetto, e il famoso finale: un tour de force di raffinato canto e grande brillantezza. Terzo, è deliziosa nella sua ironia (esemplare un’aria tragica e gioiosa in cui la contessa francese viene a sapere che, mentre tutti i suoi abiti sono andati distrutti in un incidente, un cappello è sopravvissuto).

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Il viaggio a Reims ha un totale di soli nove numeri musicali, ma estremamente lunghi, talché l’esecuzione integrale dell’opera dura tre ore piene, e contiene alcune delle più belle musiche che Rossini abbia mai composto.

Mancava però un numero: un coro all’inizio del Finale, il cui testo è presente nel libretto a stampa. Questo mistero rimase irrisolto fino al bicentenario rossiniano nel 1992, quando l’appassionato studioso Philip Gossett capì che il numero mancante era un coro del Maometto II che Rossini aveva composto per il Viaggio. E perciò ve lo rimise. La stesura che oggi ci presenta il Maggio, a differenza di quella datata 1984 a Pesaro, è ora assolutamente uguale all’originale.

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“Capolavoro della maturità rossiniana, una celebrazione del re di Francia, ma ancor più una celebrazione delle glorie dell’opera italiana” (Philip Gossett)

Il finale coinvolge l’intero cast, a simboleggiare tutti i popoli europei, in una celebrazione della rinascita della pace e dell’unità. Messaggio che mantiene ancora oggi tutta la sua freschezza.

Teatro del Maggio Musicale Fiorentino – Foto Gianluca Moggi, New Press Photo Firenze

Lucia Evangelisti

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