All’ombra dei resti romani e delle cattedrali rinascimentali, è germogliata con discrezione una tradizione più recente in Italia, che è solita splendere tra le luci al neon piuttosto che nel marmo e serenate elettroniche al posto delle arie d’opera. I giochi delle macchinette, localmente definiti da “macchinette” e “videopoker”, sembrano una parte sottaciuta, oramai, del vissuto sociale.
La loro storia nella società italiana, tuttavia, non si riduce a storie di gioco d’azzardo e macchinette, ma una narrazione in cui le norme sociali cambiano nel tempo, la politica è ambigua e lo scenario economico risulta surreale e spaventoso. Decifrando la storia, possiamo non solo comprendere meglio i giochi di slot nel sociale, ma il Paese stesso.
La relazione con la fortuna
L’Italia ha ospitato sempre un rapporto unico con i giochi di fortuna, tra cui la lotteria SuperEnalotto (ove il vincitore è solitamente sorpreso), “cultural lotterie” ove il gioco della fortuna viene percepito nello stesso modo della fiaba di Cenerentola e la secolare fascinazione con la filosofia, ne è una chiara manifestazione la “Smorfia Napoletana”, che assegna significato ai sogni e si riflette in situazioni reali.
I tavoli di gioco sono rimasti anche nei bar, poiché, quando mi sono trasferito per la prima volta a Firenze agli inizi degli anni 2000, sono rimasto sorpreso a vedere uomini di una certa età in tarda età agitare un espresso fermo e chiacchierare amabilmente tra amici al bancone, mentre guardano le macchinette elettroniche sospese sopra alla loro spalla, mentre ammiccano e lampeggiano, ma intanto continuano a comportarsi giornalmente in modo amichevole, come se nulla fosse.
Va detto che le macchinette fanno parte di un più ampio ecosistema di giochi da casino in Italia. In generale, un contesto gioco d’azzardo nel quale lo Stato ha favorito a lungo l’esistenza diritto all’esistenza, si pensi ai costi elevati spesso proibitivi per l’apertura e la gestione di casinò fuori dagli ambiti autorizzati (per esempio, Venezia, Sanremo, Campione d’Italia o Saint-Vincent).
La cavalcata inarrestabile delle “macchinette”
Siamo tra gli anni ’90 e 2000 e, al crescere del debito pubblico e delle politiche di austerità, lo Stato si rivolge con maggiore insistenza ai proventi delle attività ludiche, collocando le famose “macchinette” in una sorta di zona grigia, tramite codicilli e cavilli normativi che svuotano di valore le norme (che pure esistono) che dovrebbero regolamentarle.
Nel frattempo le slot machine diventano terminali automatici collegati a server lontani, automatizzano l’erogazione delle vincite e azzerano i tempi morti tra una giocata e l’altra.
In questo periodo una parte del “paese reale” probabilmente non se ne accorge: le macchinette riempiono i circoli degli anziani nelle piccole città ma senza troppo clamore, come qualsiasi altro trucco per riuscire a far bollire la pentola, all’italiana.
Un potente specchio delle dinamiche sociali
Nella seconda metà del primo ventennio degli anni 2000, con l’apertura delle prime sale dedicate (le famose “sala slot”), rimane l’impressione non solo che la presenza delle macchinette si avvicini rapidamente alla saturazione possibile (è difficile evitare che nei quartieri popolari ve ne siano più di una, e che di slot si riempiano tutti i tabaccai, le stazioni di servizio, i circuiti ippici…), ma anche che comincino a farsi in qualche modo specchio delle diverse fasi della crisi del periodo.
Ricordo un’amica, in quegli anni, descrivere le slot, e più in generale i terminali di scommesse, “macchine della depressione” e in effetti sembra aumentare la loro presenza proprio dove la disoccupazione è maggiore e la crisi è più forte; in questi anni gli appelli a regolamentare il settore non ottengono alcun risultato di rilievo, salvo il conteggio di quante famiglie italiane vadano in rovina per via della ludopatia.
Regolamentazione e Rivalutazione
Negli ultimi anni il governo ha provato a dare una stretta. Le macchine sono state ridotte di numero, si cerca di applicare l’obbligo sulla distanza minima di queste dai luoghi pubblici e scolastici.
Ma il trattamento non è uniforme, e il problema rimane, economico, sociale, psicologico. Intanto il mondo delle slot si sta trasformando ed evolvendo verso il digitale, verso il mobile. Ma l’esperienza fondamentalmente è sempre quella, inserire, tirare, sperare.
In definitiva
Le slot machine in Italia non sono solo un passatempo. Sono uno specchio, una finestra sui timori e desideri culturali di una società. E con il loro universo trainano talmente tante altre cose, politica, economia, voglia di sognare.
Riescono a svelarti come qualcosa all’apparenza semplice possa, nel corso del tempo, diventare qualcosa di più complesso, di più complessivo. Non credo che spariranno da un giorno all’altro ora. Ma penso che forse qualcosa, anche di poco, possa cambiare.
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